In un momento così complesso e delicato in termini di sostenibilità ambientale, l’emergenza idrica diventa tema centrale di discussione non solo istituzionale ma anche pubblico. I consumatori, infatti, devono necessariamente rendersi conto della propria responsabilità e delle conseguenze legate ai loro consumi e ai loro gesti quotidiani.
Non tutti sanno, per esempio, che lo spreco idrico domestico è correlato a quello alimentare: attraverso lo studio condotto dall’Osservatorio internazionale Waste Watcher, ad esempio, è possibile conoscere quanti litri di acqua vengono consumati e “buttati” dai cittadini italiani a causa del proprio spreco alimentare.
Cos’è l’impronta idrica e qual è la sua utilità?
Al fine di misurare lo spreco di acqua dolce è stato sviluppato il concetto di impronta idrica, un indicatore ambientale che misura il consumo di acqua dolce, in maniera diretta o indiretta, dovuto alla produzione di beni o servizi. Tramite tale dato si quantifica sia l’uso di acqua attribuibile a un singolo individuo, che quello relativo all’uso di un’azienda e di una intera comunità.
La nascita di questo indicatore è da ricondurre al Prof. Arjen Hoekstrastra e all’Università di Twente nei Paesi Bassi. Infatti, l’impronta idrica rientra in un progetto più ampio che ha dato vita al “Water footprint network”, una piattaforma collaborativa che opera a livello mondiale. Il suo scopo è quello di promuovere delle forme di sviluppo e produzione più sostenibili e che prevedano un uso adeguato, limitato, ma efficiente dell’acqua dolce.
A quanto ammonta, però, lo spreco idrico registrato dai consumatori italiani?
Miliardi di litri di acqua sprecati ogni settimana: il contesto italiano
Di recente l’Osservatorio internazionale Waste Watcher ha condiviso le sue stime sullo spreco di acqua in ambito domestico partendo dai dati sullo spreco alimentare.
Il report italiano del 2024 ha dichiarato che, dallo spreco del cibo (circa 566,3 grammi pro capite a settimana), derivano circa 151,469 miliardi di litri di acqua.
Tale cifra è paragonabile ad un consumo di 302,938 miliardi di bottiglie da mezzo litro che, se messe tutte in fila, percorrerebbero la circonferenza del globo per bene quattro volte! Inoltre, ammonterebbero a una spesa, in termine di utenze domestiche, di 395,835 milioni di euro.
La produzione alimentare, infatti, è strettamente correlata a un utilizzo ingente di acqua ed è per questo che lo spreco di cibo comporta anche quello idrico. Per produrre 200 kg di carne bovina, per esempio, sono necessari circa 3 milioni di litri di acqua. Questo dato rende evidente quanto le decisioni quotidiane relative alle quantità di consumi di determinati alimenti o semplicemente la scelta di gettarli, impatti sull’impronta idrica.
L’Osservatorio internazionale Waste Watcher, proprio per rendere più consapevoli i consumatori rispetto a questo tema, ha realizzato un’applicazione: lo “Sprecometro”.
Tramite il suo utilizzo, i singoli individui possono stimare l’impronta idrica conseguente al loro spreco alimentare, valutando anche la perdita economica e l’impronta carbonica.
Inoltre, vengono condivisi con loro contenuti educativi e formativi volti a ridurre gli sprechi e a migliorare le proprie scelte alimentari, proprio al fine di agire sinergicamente verso l’obiettivo 12.3 dell’Agenda 2030: dimezzare lo spreco alimentare.