Con il 2023 abbiamo raggiunto la più alta temperatura mai registrata delle acque superficiali del Mediterraneo. Un picco che raggiunge i 28,4 °C, superando la soglia storica di 28,25 °C registrata nell’agosto del 2003. I dati, registrati dal Servizio europeo per i cambiamenti climatici di Copernicus (C3S), rappresentano una sinesi dell’innalzamento delle temperature che, proprio in questi mesi, ha fatto sì che venisse introdotto nel linguaggio mediale il concetto di “ebollizione globale”.
Ma quali sono le ragioni dietro il surriscaldamento del mare e degli oceani e quali le sue conseguenze?
Aumenta la temperatura del Mediterraneo: come è possibile?
I picchi registrati durante l’estate del 2023, in particolare nell’Europa Meridionale, si sono tradotti nell’innalzamento delle temperature del Mare Nostrum.
Tra le principali motivazioni troviamo la crescita delle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera, principalmente di anidride carbonica (CO2) derivata dalle attività umane. L’ossidazione di combustibili fossili (come carbone, petrolio e gas naturale) per la produzione di energia, infatti, emettono grandi quantità di CO2 nell’atmosfera. Inoltre, le attività agricole e alcuni processi industriali producono grandi quantità di metano e ossido nitroso, altrettanto nocivi se rilasciati in grandi quantità.
Questi gas intrappolano il calore proveniente dal sole nell’atmosfera terrestre, amplificando l’effetto serra naturale e provocando un aumento della temperatura globale. Poiché gli oceani e i mari, per natura, assorbono e distribuiscono il calore nel sistema climatico, l’innalzamento dei gradi centigradi ha esiti negativi sul clima del pianeta e sui suoi ecosistemi.
Quali saranno le conseguenze?
Per avvertire le conseguenze del surriscaldamento dei mari non dovremo guardare a un futuro lontano: in realtà, queste sono visibili già da molti anni e continuano ad amplificarsi e a rendersi sempre più evidenti.
Se, come anticipato, mari e oceani sono responsabili di regolare il clima globale, allora non sorprende constatare come le più importanti anomalie ad oggi registrate abbiano avuto un impatto sul rischio di nubifragi, sullo sviluppo di piccoli uragani, tifoni e “bombe d’aria“. Come evidenziato dal Scientific Reports di Nature, l’interazione aria-mare influenza il sistema di precipitazione, il suo ciclo di vita, la sua severità e la velocità di propagazione.
Ma quelle metereologiche non sono le uniche conseguenze. Tra i primi e più evidenti effetti del riscaldamento dei mari troviamo, infatti, il rapido scioglimento dei ghiacci polari e delle calotte glaciali. Questo evento ha portato all’innalzamento dei mari, minacciando le comunità costiere e le infrastrutture. Uno studio condotto dall’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA) ha mostrato che, nel territorio pontino, il lido di Latina, le spiagge di Sabaudia e le zone umide del Parco Nazionale del Circeo rischiano di finire sotto acqua entro la fine del secolo
Non da meno sono gli esiti registrati sull’habitat e sugli ecosistemi. Molte specie animali sono costrette a spostarsi verso zone più fredde per sopravvivere, mettendo a repentaglio la biodiversità. In particolare, a essere sempre più vulnerabili ai cambiamenti troviamo i coralli, minacciati dal fenomeno di “sbiadimento”, o i molluschi e alcune specie di plancton che, a causa dell’acidificazione delle acque dovuta alla crescita della temperatura, vedono danneggiati i propri gusci. A sua volta, questo fenomeno può generare un pericoloso circolo vizioso, basti pensare che, proprio queste specie sono alla base della dieta di molti animali che abitano i mari.
Il cambiamento climatico implica un cambio di passo
La sfida che ci troviamo ad affrontare è molto grande: richiede un impegno totale e congiunto. Ridurre le emissioni di gas serra diventa, dunque, fondamentale. Questo è possibile anche attraverso alcune iniziative autonome come la transizione verso energie rinnovabili, il passaggio ad una mobilità sostenibile e l’integrazione di piccoli gesti di cura e rispetto verso l’habitat che ci circonda. Solo con azioni concrete e costanti, infatti, possiamo sperare di invertire un processo tutt’ora in corso e proteggere l’ambiente marino e terrestre.