Con l’estate e l’aumento delle temperature, il consumo di acqua accresce senza, però, togliere spazio agli sprechi. Con Egato 4 Latina ci impegniamo da sempre a tutelare la risorsa idrica e ad aiutare i cittadini ad apprendere buone pratiche di utilizzo.
Ecco, quindi, 5 semplici consigli che potranno aiutarti a risparmiare questa preziosa risorsa durante il periodo estivo:
1. Riutilizza l’acqua di scarto dei tuoi elettrodomestici
Aria condizionata e deumidificatori possono salvarti dal caldo estremo, ma è possibile rendere questi due alleati più sostenibili? Un metodo semplice e pratico è quello di raccogliere l’acqua di scolo prodotta per riutilizzarla nei nostri ferri da stiro.
2. Un lavaggio a freddo
Si sa, l’utilizzo degli elettrodomestici, in particolare delle lavatrici, accresce con l’alzarsi delle temperature. Per avere vestiti sempre freschi e puliti, avvia lavaggi brevi, eco e a basse temperature. Inoltre, assicurati di avere in casa elettrodomestici appartenenti alla classe A++ o A+++, risparmierai anche nel consumo energetico!
3. Tieni d’occhio la piscina
Se possiedi una piscina, sia questa interrata o semplicemente gonfiabile, coprila quando non la utilizzi o di circondala con una siepe così da creare una zona ombreggiata. In questo modo, ridurrai la quantità di acqua che potrebbe evaporare a causa del caldo.
4. Una cura intelligente del giardino
Se possiedi un giardino o uno spazio esterno ricco di piante, dedica del tempo per irrigare durante le prime ore di luce del mattino o al tramonto. In questo modo il terreno potrà assorbire l’acqua più agevolmente e ne eviterà l’evaporazione.
5. Una doccia al volo
È ormai risaputo: preferire una doccia a una vasca permette di risparmiare una grande quantità di litri di acqua! Questo è consigliabile soprattutto d’estate: l’acqua è un buon modo per rinfrescarsi, ma ricordati di utilizzarla in maniera rispettosa. Quando ti lavi, chiudi il getto d’acqua mentre ti insaponi e riaprilo soltanto per pochi minuti. Ricorda: una doccia di 5 minuti richiederà un quantitativo di ben 50 litri!
Una volta messi in pratica tutti i consigli, non dimenticarti di tenere d’occhio la bolletta: è possibile, infatti, che gli sprechi non derivino dal tuo utilizzo, ma da perdite o tubature vetuste. Un improvviso aumento dei tuoi pagamenti sarà un allarme da non ignorare!
Credi di conoscere già tutto sul risparmio idrico? Prova il nostro quiz e scopri nuovi modi di utilizzo sulla nostra pagina di consigli!
“Mare Nostrum” è il modo in cui veniva definito il Mediterraneo ai tempi dell’Antica Roma. È il “nostro mare” e l’8 luglio se ne celebra la giornata: istituita nel 2014 con la collaborazione di Earth Day Italia e il supporto della Marina Militare Italiana, la Giornata Internazionale del Mar Mediterraneo nasce con lo scopo di stimolare l’interesse verso la sua salute e di sensibilizzare sui pericoli causati dall’inquinamento, dalla pesca eccessiva e dalla perdita degli habitat costieri.
Il Mediterraneo rappresenta soltanto l’1% dell’intera superfice oceanica ma, nonostante ciò, presenta una notevole biodiversità, con più di diecimila specie marine e una grande diversità di ecosistemi da salvaguardare.
Infatti, nonostante la numerosa quantità di “vita” che anima i suoi fondali, il mare è minacciato ogni giorno da pesca intensiva, prodotti chimici, ricerca di combustibili fossili e trasporti marini. A questo si aggiunge l’enorme quantità di rifiuti accumulati: il Mediterraneo “accoglie” oltre il 70% di rifiuti gettati in acqua tra i quali, come viene indicato da Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), il 77% è plastica. L’impatto non è da poco: i rifiuti e, in particolare, la plastica possono rimanere nell’ambiente per centinaia di anni, attaccando la fauna marina (che spesso ingerisce i rifiuti o viene ferita da questi ultimi), portando alla contaminazione della catena alimentare marina (e, di conseguenza, umana) e impattando sugli ecosistemi costieri- si stima che sulle nostre spiagge sia presente una media di 400 rifiuti ogni 100 metri.
ISPRA, proprio in occasione di questa giornata, nel 2021 ha realizzato il documentario “Colori profondi del Mediterraneo” per far conoscere a tutti cosa si nasconde sotto la sua superfice e per stimolare a proteggere la ricchezza che ospita.
La giornata è volta, quindi, a promuovere la conservazione e la protezione del mare e dei suoi fondali attraverso l’implementazione della “blue economy”, una vasta gamma di azioni volte a preservare l’ambiente marino e a garantire il benessere delle comunità costiere. Tra gli esempi di blue economy: il trasporto marino a basso impatto, la pesca e l’acquacultura sostenibile, l’energia marina rinnovabile e una gestione equa e strategica delle risorse.
Per poter sviluppare questi gesti sarà però necessaria la collaborazione tra i paesi che affacciano sul Mare Nostrum, oltreché a quella delle organizzazioni internazionali, delle istituzioni scientifiche e, non di meno, della società civile. Quale miglior occasione per generare un “onda di blu”?
“Garantire a tutti la disponibilità e la gestione sostenibile dell’acqua e delle strutture igienico-sanitarie” è il 6° Obiettivo dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite. Oggi, per la Giornata Mondiale dell’Acqua, è necessario soffermarci a riflettere su quanti progressi reali sono stati compiuti per raggiungerlo.
Il World Water Day nasce nel 1992 durante l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (ONU)e ogni anno viene celebrato il 22 marzo attraverso un tema specifico inerente alla risorsa idrica. Per il 2023 è stato scelto quello dell’”accelerazione al cambiamento per risolvere la crisi idrica e igienico-sanitaria“, con l’auspicio di coinvolgere non solo le istituzioni, ma anche le imprese e i cittadini nell’impegno ad accelerare la transizione. Ma non solo questo: durante questa giornata è necessario ricordare quanto l’acqua possa minare i progressi su alcune delle principali questioni globali.
Sebbene nel mondo ci siano più di 1,3 miliardi di km3 di acqua, soltanto il 3% di questa è acqua dolce contenuta in ghiacciai, falde e laghi. Ciò significa che ottenerne l’accesso possa risultare molto complesso. Non a caso, sono più di 2 miliardi le persone che oggi vivono in condizioni di carenza idrica. Ciò può avere dei risvolti negativi su diritti ritenuti fondamentali: oltre alla questione igienico-sanitaria, a essere colpite sono anche le lotte per la parità di genere, l’istruzione e l’occupazione lavorativa, finanche il mantenimento della pace locale e internazionale.
Ma dall’istituzione dell’Agenda 2030 (settembre 2015) niente è cambiato?
Alcuni piccoli passi
In occasione della Giornata Mondiale dell’Acqua sono state pubblicate numerose indagini sui progressi ottenuti in questi anni in cui istituzioni, imprese e cittadini hanno lavorato sinergicamente.
Un primo risultato si nasconde all’interno dell’opinione pubblica italiana. Un’indagine di IPSOS sottolinea come l’impegno del nostro Paese verso la tutela dell’acqua è molto aumentato negli ultimi anni. Tra gli intervistati, il 77% ha dichiarato di provare a ridurre il più possibile lo spreco d’acqua nella propria quotidianità, il 41% di essere cosciente della crescente scarsità di acqua e il 31% di essere d’accordo con le previsioni del World Resources Institute secondo cui l’Italia entro il 2040 vivrà in una condizione di stress idrico (a fronte di un 34% nel 2022).
Ma l’autocoscienza dei cittadini italiani è stata accompagnata anche da dati ambientali in rialzo. Il rapporto “Water Economy in Italy” dell’Osservatorio Proger, presentato nella giornata di ieri al Senato della Repubblica, ha sottolineato come la piovosità in Italia sia ancora a buoni livelli – con una media di 301 miliardi di m3 di pioggia all’anno su scala nazionale. La Penisola si colloca, quindi, al 5° posto in Europa per quantità di precipitazione, con Milano prima in Europa per piovosità e Roma che conta un maggior numero piogge rispetto a Londra.
Solo buone notizie?
Purtroppo no. A fronte di quanto dichiarato dagli italiani, non è possibile evitare di sottolineare che ancora oggi il nostro paese primeggi sul podio dei maggiori sprechi. È ancora IPSOS a indicare un utilizzo di 220 litri giornalieri pro-capite di acqua utilizzata a fronte dei 165 litri di media europea. E sebbene stia crescendo la consapevolezza del rischio idrico, il 46% dei cittadini non è ancora oggi cosciente degli sprechi che si registrano quotidianamente.
Inoltre, sebbene la misura delle piogge risulti in leggero miglioramento, il vero problema della Penisola è lacapacità di utilizzo della risorsa idrica. Delle precipitazioni che bagnano il nostro paese, solo l‘11% è prelevato per usi civili, agricoli o industriali. Inoltre, come sottolinea l’Osservatorio Proger, la nostra rete idrica è a “colabrodo”: il 40% dell’acqua potabile prelevata, infatti, non arriva ai rubinetti delle case.
Per risolvere questi problemi, i governi dovranno lavorare quattro volte più velocemente per soddisfare l’obiettivo dell’Agenda 2030. Il loro impegno non servirà solo a garantire la tutela dell’utente, ma anche quella della risorsa idrica. Investire su gli Enti che quotidianamente si occupano di costruire infrastrutture resilienti è oggi fondamentale per ovviare alla dispersione delle acque. È quindi necessario capitalizzare le risorse, oltre che implementare delle modifiche legislative, così da permettere lo sviluppo di progetti tecnico-imprenditoriali per potenziare le capacità delle reti idriche e degli impianti. Oltre a ciò, gli sforzi dovranno soffermarsi anche sul rendere possibile il riuso delle acque reflue, la ricarica delle falde, fino alla possibilità di utilizzo dell’acqua di mare tramite la sua desalinizzazione.
Fonte di vita per specie animali e vegetali, uno dei più importanti ecosistemi della Terra e risorsa costantemente minacciata dall’attività umana: il fiume è molto più che semplice acqua corrente. Le sue funzioni sono notevoli e molto spesso sottovalutate.
Per questo il 14 marzo – come ogni anno dal 1997 – si celebra la Giornata Internazionale di Azione per i Fiumi, durante la quale è fondamentale sensibilizzare sui rischi che li vedono protagonisti, sui benefici che questi possono apportare alle comunità locali e sull’importanza della cooperazione internazionale per la gestione dei fiumi transnazionali.
I benefici apportati dai fiumi
Non ci si interroga mai abbastanza sulle funzioni che i corsi d’acqua possono apportare all’ambiente che ci circonda. Ne sottolineiamo solo alcune tra le più importanti, come ad esempio:
Presentare un habitat ideale per la vita acquatica: i fiumi si presentano come terreno ottimale per molte specie acquatiche e insetti, creando un’enorme biodiversità che varia in base alla qualità delle sue acque;
Regolare il clima: la risorsa fluviale riesce a regolare il clima locale attraverso il rilascio di vapore acqueo nell’atmosfera, provocando effetti rinfrescanti sull’ambiente e contribuendo alla formazione di nuvole e precipitazioni. Inoltre, le piante e gli organismi acquatici che ospita permettono la produzione di ossigeno attraverso la fotosintesi, con un conseguente mantenimento di una buona qualità dell’aria;
Controllare le inondazioni: questo è permesso grazie alla creazione di bacini idrografici naturali, ovvero zone di terreno che riescono a raccogliere e immagazzinare acqua, permettendo di ridurre la velocità di deflusso e prevenendo le inondazioni. Oltre a questo, il fiume riesce a creare delle “aree di attenzione”, ovvero zone di terra a sé adiacenti che possono essere allagate durante le piene per ridurre il flusso di acqua e salvaguardare le zone abitate;
Fornire acqua potabile: questa rappresenta una delle funzioni più conosciute, ma spesso ne viene sottovalutata l’importanza. Per le zone rurali, infatti, i fiumi rappresentano una fonte di acqua potabile fondamentale per le comunità che le abitano e che non dispongono di ulteriori approvvigionamenti idrici;
Provvedere alle attività umane: un’attività tanto ovvia quanto fondamentale. I fiumi svolgono un importante sostentamento per le mansioni lavorative. Agricoltura, industria, pesca e turismo fluviale, la risorsa è utilizzata in molti campi, ciò che è importante sottolineare è il corretto utilizzo che deve esserne fatto per evitare gli impatti negativi sul suo ecosistema.
Quali minacce si trovano ad affrontare?
A proposito di impatti negativi, i fiumi vivono oggi circondati da numerosi rischi.
L’inquinamento da sostanze chimiche, rifiuti industriali o acque reflue non trattate è una delle più grandi minacce. Questa, infatti, non ha una ricaduta solo sulla salute di questa risorsa, ma anche su quella della vita che ospita, dei mari in cui sfocia e, non ultimo, su quella delle persone che vivono vicine ad essa.
Un ulteriore rischio presenta il nostro volto, quello umano. L’utilizzo intensivo dell’acqua fluviale nelle mansioni agricole, industriali e urbane ha portato a una vera e propria alterazione dei corsi di acqua naturali. A questo si aggiunge poi il cambiamento climatico, il quale sta causando una maggiore variabilità delle precipitazioni con conseguenti impatti sulla quantità e qualità dell’acqua. La siccità che abbiamo registrato negli ultimi anni ne è la prova: l’esaurimento delle risorse idriche è un problema crescente, soprattutto nelle regioni aride e semi-aride.
Tutto ciò ha, infine, un riscontro sulla biodiversità che vive i fiumi: a causa di tutti i rischi citati, molte specie animali sono oggi a rischio di estinzione.
Che cosa fare per salvaguardare la salute dei fiumi?
Ridurre l’inquinamento evitando di gettare nell’acqua i rifiuti;
Ridurre i fertilizzanti chimici e i pesticidi;
Salvaguardare l’erosione delle sponde promuovendo la piantagione di alberi e arbusti luogo le rive;
Sensibilizzare l’opinione pubblica attraverso i propri canali e sostenere le organizzazioni ambientaliste che da anni si occupano di salvare queste risorse.
Ricordiamo che il nostro impegno quotidiano può fare la differenza per la salvaguardia dei fiumi e, conseguentemente, delle specie che la abitano e delle città che li affiancano.
Il 3 marzo si celebra in tutto il pianeta il World Wildlife Day (Giornata Mondiale della Natura), istituita nel 1975 dall’UNESCO per sensibilizzare e promuovere la conservazione delle risorse naturali e proteggere la biodiversità sul nostro pianeta.
La data non è casuale: il 3 marzo, infatti, coincide con l’anniversario della firma della Convenzione sul Commercio Internazionale delle Specie Minacciate di Fauna e Flora Selvatiche (CITES) del 1973, un accordo internazionale che mira a proteggere flora e fauna selvatiche limitando il commercio di specie in pericolo.
Nonostante i decenni trascorsi dalla primissima celebrazione, il tema rimane oggi più che mai attuale. A dimostrazione di ciò diversi dati:
1 milione di specie animali e vegetali rischiano l’estinzione
Secondo l’Intergovernmental Science-Policy Platform on Biodiversity and Ecosystem Services sono circa un milione le specie che rischiano l’estinzione nelle prossime decadi a causa dell’attività umana. Tra i fattori che contribuiscono a questa perdita: la deforestazione, la conversione di terre per l’agricoltura e l’allevamento, la pesca eccessiva e l’inquinamento. Tali fattori hanno portato a una perdita del 75% della biodiversità terrestre e del 66% di quella marina.
10 milioni di ettari di foresta distrutti
La FAO ha annunciato, nel 2020, che ogni anno vengono distrutti circa 10 milioni di ettari di foresta a causa della deforestazione umana. L’area forestale totale del pianeta si è ridotta di circa 178 milioni di ettari negli ultimi 20 anni, e questo principalmente a causa dell’espansione agricola, della produzione del legname e della creazione di terreni edificabili. Il problema è serio perché, oltre a causare un impatto negativo sulla biodiversità, questo rappresenta anche una delle principali cause del cambiamento climatico, considerando che le foreste assorbano anidride carbonica e aiutino a mitigare le emissioni di gas serra.
Una minaccia per gli oceani
Il Report sullo Stato dell’Ambiente Globale 2022 pubblicato dalle Nazioni Unite sottolinea come il cambiamento climatico e la sovrappesca stanno minacciando la salute degli oceani e delle numerose specie marine che ospitano. L’aumento delle temperature sta, infatti, causando l’acidificazione delle acque, provocando conseguenze disastrose. Si stima che entro il 2043 il 90% delle barriere coralline del mondo potrebbe sparire e che, a causa della pesca illegale e indiscriminata, molte specie marine sono oggi a rischio di estinzione.
Il 3 marzo delinea quindi un punto di partenza, ogni nuovo anno, per aspirare a un cambiamento reale e concreto. L’attuale situazione deve spingere a pensare che ancora molto possa essere fatto e, con questo, numerose soluzioni dovrebbero essere adottate per proteggere l’ambiente: la promozione di energia rinnovabile, la riduzione degli sprechi, l’adozione di pratiche agricole sostenibili e, prima di tutto, un impegno individuale attento e costante.
Per poter accelerare il cambiamento, infatti è necessario che ognuno di noi ripensi al proprio stile di vita: con Egato 4 Latina abbiamo scelto di condividere delle case history che attualmente contribuiscono al cambiamento (leggi di più sullarubrica innovazione), oltre che alcuni semplici consigli che possono aiutare a salvare la risorsa idrica (clicca qua).
Ma non può bastare solo questo! La Giornata Mondiale Della Natura deve rappresentare, inoltre, un’opportunità per trasmettere una nuova cultura e promuovere un’istruzione ambientale – sia all’interno delle scuole che nella società in generale – per aiutare nuove e vecchie generazioni ad adottare tutte le soluzioni necessarie a generare cambiamento.
La siccità che ha colpito gli ultimi anni è un segnale chiaro di come dovremmo ripensare all’utilizzo che facciamo dell’acqua: educare le nuove generazioni verso la tutela e il riciclo della risorsa diventa un punto centrale riguardo al futuro. Ed è quello che è stato fatto dall’Istituto Pangea onlus che, coinvolgendo le scuole del Comune di Sabaudia, ha dato vita al progetto “Acqua: una storia a lieto fine” per sensibilizzare alla riduzione dell’inquinamento di origine domestica di fiumi, laghi e mare e al riutilizzo delle acque reflue, unendo l’evoluzione tecnologica odierna alla storia dell’Antica Roma.
Noi di Egato 4 Latina abbiamo intervistato Giulia Sirgiovanni, vicepresidente dell’Istituto Pangea e Responsabile del progetto, per farci raccontare come sono stati coinvolti i cittadini più giovani all’interno dell’iniziativa.
Giulia, come nasce il progetto?
L’iniziativa nasce in risposta ad un bando della Provincia di Latina per la “Realizzazione di campagne didattiche” nell’ambito del Piano di Riqualificazione Ambientale del Progetto Rewetland. Il Comune di Sabaudia ha ottenuto il co-finanziamento e l’Istituto Pangea onlus, che ne gestisce il laboratorio territoriale di educazione ambientale “Labnet Lazio”, ha realizzato il progetto.
Abbiamo cominciato con un’azione formativa destinata agli insegnanti di entrambi gli Istituti comprensivi di Sabaudia con approfondimenti e attività pratiche che si sono svolti in parte in aula e in parte sul campo nel territorio del Parco Nazionale del Circeo che è anche un partner del progetto. A seguire sono state coinvolte complessivamente 25 classi di questi insegnanti, classi di tutti gli ordini e gradi dalle scuole primarie fino alle superiori.
Il progetto si chiama “Acqua, una storia a lieto fine” e, infatti, nel racconto della risorsa vi siete proprio immersi nella storia?
Si. Il progetto nasce per educare le giovani generazioni ad usare sempre meno prodotti inquinanti e al “riciclo” della risorsa. Si è parlato di acque reflue e di fitodepurazione – ovvero un sistema naturale di depurazione che ne permette il loro riutilizzo. Le attività didattiche in aula e sul campo sono state diverse, tra quelle più interessanti ci sono proprio le uscite realizzate nella villa dell’Imperatore Domiziano. Tutti sappiamo quanto l’acqua sia stata un elemento fondamentale nella storia dell’Antica Roma. I resti della villa, del I secolo d.C., sono un esempio di quanto fossero avanzati gli impianti idrici costruiti 2000 anni fa dai Romani.
Sul luogo abbiamo mostrato ai ragazzi, ad esempio, la cosiddetta “forica” (una latrina) nella quale tutt’oggi notiamo la canaletta esterna. Quest’ultima, che serviva per fornire l’acqua per l’igiene intima della persona, proseguiva passando sotto le sedute della latrina stessa. Grazie all’ingegnosità della costruzione, l’acqua utilizzata dai Romani per lavarsi, era la stessa che ripuliva la forica dalle deiezioni. Quindi, al contrario di quanto avviene oggi, non utilizzavano acqua potabile per lo scarico, ma avevano trovato un modo di riutilizzare le acque reflue.
Abbiamo scelto di collegare questo percorso alla formazione degli studenti per dimostrare che concetti importanti come l’uso razionale dell’acqua e l’igiene erano applicati in epoche storiche molto lontane con modalità molto simili a quelle attuali, a volte persino migliori. È stato anche importante farli riflettere sul fatto che, con la caduta dell’Impero Romano, per circa 1500 anni la civiltà occidentale ha abbandonato tutte queste buone pratiche, che noi diamo per scontate, e le ha ritrovate solo negli ultimi 70 anni.
Questa era però solo una prima parte delle attività: avete infatti messo alla prova gli studenti con esercitazioni diversificate in base al loro grado scolastico.
Si, le attività sono state numerose e ognuna di queste era calibrata a seconda delle potenzialità degli studenti e ai loro programmi scolastici. Anche le esercitazioni finali sono state modulate seguendo questo criterio. Le scuole primarie e secondarie di primo grado hanno seguito una breve formazione sulla scrittura creativa e la realizzazione di pannelli in linea con i principi dell’Interpretazione Ambientale – brevi eaccattivanti – e poi hanno elaborato una propri proposta di pannello divulgativo volto a coinvolgere la popolazione e i turisti sul tema delle acque reflue; per le scuole secondarie di secondo grado abbiamo invece deciso di testare le abilità e la creatività chiedendo di svolgere attività più elaborate come sperimentazioni o campagne social, sempre dopo aver seguito una breve formazione.
E quali sono stati i risultati finali?
Nel caso degli studenti più piccoli – elementari e medie – sulla base di quanto svolto con le classi, abbiamo elaborato tre pannelli. Questi verranno posizionati su una struttura mobile che può essere spostata in diversi siti del Comune di Sabaudia. Nella grafica abbiamo inserito disegni e testi creati dai ragazzi nell’ambito delle esercitazioni.
Nel caso degli studenti più grandi, le attività sono state più articolate. Alcune classi si sono cimentate nella costruzione di un piccolo impianto di fitodepurazione con materiali di riciclo, così da capire come le acque reflue possono essere riutilizzate anche in ambito domestico. Le altre hanno invece elaborato una campagna social: attraverso il profilo Tik Tok e Instagram degli studenti e quelli Instagram e Facebook dell’Istituto Pangea sono stati divulgati dei contenuti di colore (come reel o meme) sempre per sensibilizzare all’uso consapevole dell’acqua e al suo riutilizzo.
E infine di tutto il lavoro ne è uscita una pubblicazione?
Esattamente. Dopo l’incontro con le classi abbiamo pubblicato tre fascicoli – un manuale per insegnanti e due quaderni per i ragazzi – entrambi sul tema dell’acqua. Questi sono andati ad arricchire una collana di dodici fascicoli inerenti ai progetti ambientali realizzati in passato da Labnet Lazio e che oggi sono consultabili sul nostro sito. Ne siamo davvero entusiasti, è stato un lavoro intenso ma molto apprezzato dal territorio, proprio per questo verrà realizzato, in una chiave simile, un progetto sul tema delle acque anche in una scuola del Comune di Latina.
Il 5 dicembre di ogni anno si celebra il World Soil Day, conosciuto in Italia come Giornata Mondiale del Suolo, una data istituita nel 2014 dall’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO) per ricordare l’importanza di mantenere un suolo in salute per ottenere ecosistemi sani e un benessere umano e animale.
L’edizione 2022 è dedicata alla sensibilizzazione sul grave problema della perdita di nutrienti del suolo, riconosciuto come uno dei maggiori fattori di rischio a livello globale per la sicurezza alimentare e la sostenibilità in tutto il mondo, non a caso è stato scelto per la campagna il nome “Soils, Where food Begins” (Suoli, dove inizia il cibo).
Ma qual è il rapporto tra acqua e suolo?
Il suolo regola il ciclo naturale dell’acqua, filtrandola e depurandola. Questo rappresenta un anello fondamentale del flusso energetico e del ciclo dei nutrienti che contraddistinguono l’ecosistema Terra. La maggior parte delle funzioni ecologiche ed economiche assicurate dal suolo sono però permesse soltanto se il bacino idrico non viene compromesso.
Tra le minacce che affliggono i suoli, infatti, molte di queste sono dovute all’acqua, sia per motivi ambientali sia per una sua cattiva gestione. Tra i pericoli rappresentati dalla risorsa idrica troviamo, ad esempio:
Erosione: dovuta a un’impattante azione dell’acqua che porta gradualmente alla perdita di suolo. Questa può essere accelerata da eventi climatici estremi quali piogge intense o, al contrario, siccità. La conseguenza, oltre alla perdita di porzioni di territorio, è l’innalzamento del livello del mare che può modificare il suolo delle aree costiere o portare contaminanti di origine marina;
Salinizzazione: dovuta a un’eccessiva irrigazione, in particolar modo quando le acque sono di scarsa qualità e portano a un accumulo di sali;
Inondazioni: dovute a una quantità di acqua in eccesso che non riesce ad essere assorbita dal suolo e finisce inevitabilmente per formare corsi d’acqua pericolosi;
Smottamenti: quando un terreno è sovraccarico d’acqua e, aumentando di peso, scivola verso il versante.
I cambiamenti climatici sono in parte causa di questi rischi; ma non solo: a partire dagli anni Cinquanta, infatti, l’umidità del suolo si è fortemente ridotta nell’Europa mediterranea, mentre è aumentata in quella settentrionale. Il calo di umidità può rendere necessaria una maggiore irrigazione dei terreni agricoli e causare una diminuzione dei raccolti, se non addirittura una desertificazione dei suoli con conseguenze drammatiche nella produzione alimentare.
Per poter contribuire a modificare tale situazione è necessario agire nel rispetto delle diverse risorse naturali.
Nel corretto utilizzo del suolo, è necessario partire dai gesti più semplici, evitando il suo inquinamento con scarti e rifiuti. Oltre a queste “piccole” azioni, scienziati e attivisti hanno più volte indicato l’importanza di agire sugli ecosistemi per difenderli e contribuire a ripristinarli attraverso, ad esempio, lo stoccaggio di carbonio organico presente nei suoli della Comunità Europea.
Ma, proprio riguardo all’acqua, è fondamentale ricordare l’importanza di un utilizzo consapevole della risorsa, in particolare nel settore agricolo. Come soluzione ai tradizionali metodi utilizzati in agricoltura, infatti, lo sviluppo di nuove tecnologie rispettose sia del suolo che dell’acqua possono essere un punto di partenza: si pensi ad esempio alla tecnica a idroponica, in cui non si utilizza (o si utilizza in minima parte) il terreno, salvaguardando al contempo l’acqua da un suo sproporzionato sfruttamento.
Nell’utilizzo di entrambe le risorse, tanto dell’acqua quanto del suolo, questa giornata ci ricorda come queste rappresentino un bene pubblico fondamentale per la sopravvivenza. Queste possono essere sfruttate ma non distrutte, per questo chi le utilizza è anche responsabile della loro protezione.
Attraverso la rubrica “acqua e cultura” Egato 4 Latina racconta la storia di quelle realtà che hanno scelto di utilizzare la risorsa idrica in modo innovativo, smart e non convenzionale. Come Orygini, una start-up che ha fatto delle acque marine siciliane le proprie “cantine” in cui sviluppare un nuovo tipo di invecchiamento del vino, quello subacqueo. Ne parliamo con Luca Catania, uno dei tre fondatori e grande appassionato di enologia, tanto da farla diventare parte centrale della propria vita.
Luca, come è nata l’idea di fondare Orygini?
Orygini nasce da tre amici con esperienze professionali completamente diverse: Io mi occupo di comunicazione e marketing, Riccardo Peligra si occupa di finanza e Giuseppe Leone è un ingegnere. Tutti e tre siamo accomunati dalla passione di vini. Proprio per questo, uno di noi si è imbattuto in un articolo che trattava del ritrovamento di alcune casse di Champagne che, rimaste per anni sul fondale marino, inaspettatamente risultavano integre e avevano dato a quest’ultimo un’ottima qualità. Da questa rivelazione è nata la nostra idea: abbiamo subito pensato di vedere cosa sarebbe accaduto facendo maturare il vino nelle acque della Sicilia. Poi, come il famoso detto, ottimo per il nostro contesto, “tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”: l’attività che avevamo in mente non era infatti regolamentata e riuscire a registrare la nostra “cantina” a 48 metri sul fondale marino è risultato molto complicato.
L’affinamento è quindi il punto focale della vostra attività?
Si. Dopo aver selezionato i vini da immergere, prodotti dalle due cantine che collaborano con noi – la Cantina Benanti e la Cantina Passopisciaro – prepariamo le bottiglie per l’immersione e, durante la notte (per evitare sbalzi termici) le trasportiamo al molo dove inizierà il loro viaggio tra le acque siciliane. Il punto di immersione si trova infatti in un’Area marina protetta, quella dell’Isola dei Ciclopi, vicinissima al vulcano Etna. In questi fondali le bottiglie vengono adagiate e rimangono per il periodo di invecchiamento richiesto (normalmente di sei mesi).
L’acqua diventa quindi un vostro alleato: siete l’esempio di come la risorsa idrica possa essere utilizzata in maniera totalmente innovativa.
Assolutamente. Per scoprire cosa accadesse al vino sott’acqua abbiamo contattato l’Università di Catania. Questa ha condotto delle analisi su ogni singolo step. A oggi è in corso il primo studio a livello internazionale sull’invecchiamento dei vini nell’acqua di mare. Questo ci permetterà di creare un protocollo di affinamento subacqueo. In ogni caso, dai dati scientifici e dall’assaggio si può notare come, grazie a questa risorsa, il vino raggiunga un’ottima qualità in un breve lasso di tempo: sembra infatti che il mare, attraverso la temperatura costante, le microfiltrazioni, il buio, l’assenza di rumore e i piccoli movimenti, riesca a invecchiare più velocemente il vino. Un ottimo dato sia per il prodotto che per l’impatto ambientale.
Una caratteristica di questa tecnica è infatti il bassissimo impatto a livello energetico e ambientale.
Sì. Grazie alla temperatura marina che rimane costante (14 gradi), abbiamo trovato il clima ideale che ci permette di evitare l’energia necessaria a refrigerare una qualsiasi cantina. L’impatto è notevole, basti pensare che per 1.000 bottiglie immerse, si risparmiano ben 68 chilogrammi di CO2 rispetto ai tradizionali metodi di affinamento in superficie.
Inoltre, tutto ciò che viene utilizzato nelle cantine in fase di raffreddamento, e che può richiedere l’utilizzo di acqua, viene meno in quanto il fondale marino permette di raggiungere le temperature ottimali senza la necessità di utilizzare strumenti tecnologici appositi. Il che ci permette di avere un risparmio idrico dato da tutti gli strumenti che abbiamo deciso di eliminare nell’affinamento.
E non esiste alcun rischio per quanto riguarda l’ecosistema marino?
Assolutamente no. Agiamo nell’assoluto rispetto delle acque e siamo stati autorizzati dall’Area Marina Protetta, la quale ha verificato che non ci fosse alcun tipo di rischio per l’ecosistema. Il completo rispetto delle acque è infatti tra i nostri obiettivi, per questo ci stiamo muovendo per implementare maggiormente la sostenibilità nella mobilità via mare, che nel prossimo futuro vogliamo rendere completamente green attraverso strumenti di trasporto a idrogeno.
La crisi idrica globale sta attualmente colpendo miliardi di persone in tutto il mondo e si prevede che sarà ulteriormente aggravata dall’aumento della domanda, dal cambiamento della disponibilità idrica e dal crescente impatto di inondazioni e siccità.
Solo attraverso una maggiore cooperazione internazionale può essere data una risposta a queste problematiche, ed è infatti di questo che si è discusso nella sessione di apertura della giornata tematica dell’acqua durante COP27. Un argomento particolarmente rilevante quello dell’acqua, ma non sempre discusso durante le Conference of Parties. L’ospitata egiziana ha aiutato a far emergere il tema: è stato infatti ricordato che le risorse idriche del Paese non potranno soddisfare a lungo i bisogni della sua popolazione in crescita.
Durante l’evento, proprio ricordando come gli scenari climatici futuri prefigurino uno stress idrico estremo, la presidenza di COP27 insieme all’Organizzazione Metereologica Mondiale (WMO) hanno presentato AWARe (Action on Water, Adaptation and Resilience), un’iniziativa per mettere l’acqua al centro della discussione pubblica e promuovere la cooperazione mondiale sulla stesso.
La sfida di AWARe sarà quella di offrire soluzioni di adattamento al cambiamento climatico che siano efficienti per la vita delle persone e del pianeta. Tre gli obiettivi principali del progetto:
Diminuire le perdite d’acqua in tutto il mondo e migliorare l’approvvigionamento idrico;
Proporre e sostenere l’attuazione di politiche comuni inerenti alla tematica dell’acqua;
Promuovere la cooperazione internazionale al fine di raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030, in particolare l’SDG 6 inerente alla risorsa idrica.
Il ministro egiziano per i sistemi idrici e di irrigazione, Hani Sewilam, ha dichiarato: “La crisi idrica globale sta colpendo miliardi di persone in tutto il mondo. L’iniziativa AWARe catalizza la cooperazione inclusiva per l’adattamento all’utilizzo dell’acqua visti i cambiamenti climatici, oltre a una maggiore resilienza“.
Dall’iniziativa verranno quindi concordate misure per: disaccoppiare la crescita economica dall’uso e dal degrado dell’acqua; proteggere e ripristinare gli ecosistemi di acqua dolce; promuovere una gestione sostenibile delle acque reflue; creare strategie igienico-sanitarie e percorsi energetici efficienti.
Inoltre, sarà fondamentale anche il lavoro dedicato allo sviluppo dei sistemi di allerta precoce per eventi meteorologici estremi: “Il 74% di tutti i disastri naturali sono legati all’acqua – ha commentato la Dott.ssa Elena Manaenkova, vicesegretaria generale del World Meteorological Institute – dobbiamo ancora fare molto per aiutare le società e avere strategie efficaci di gestione dei disastri che proteggano le comunità e limitino i rischi legati al clima“.
Il Pan African Centre For Climate Policy, ospitato dall’Egitto, garantirà il principale meccanismo di attuazione e si concentrerà sulle principali attività e azioni di AWARe, tra cui finanza, tecnologia e sviluppo.
Il 12 settembre si celebra il No Palstic BagDay, la giornata mondiale senza sacchetti di plastica.
Istituita nel 2009 da The Marine Conservation Society, la giornata mira a sensibilizzare i cittadini sui danni provocati dalla dispersione della plastica, incentivando l’utilizzo di materiali alternativi – in particolar modo per quanto riguarda le plastic bag.
Secondo i dati diffusi dall’Unione Europea, in Europa ogni anno vengono prodotte più di 100 miliardi di borse di plastica, le quali generano circa 25 milioni di tonnellate di rifiuti. Meno del 30% di queste viene però raccolto e riciclato, finendo in buona parte in discarica dopo un ciclo di vita molto breve – si stima, infatti, che l’utilizzo medio di un sacchetto di plastica sia di circa 12 minuti, al termine del quale viene buttato via. In compenso, gran parte dei sacchetti continua a esistere e, se non biodegradabili, possono impiegare più di 30 anni prima di decomporsi.
Da sottolineare in questa giornata è la gravità dei danni che questo processo può causare: secondo il WWF, ogni anno 150 milioni di tonnellate di plastica vengono disperse negli oceani. Il mediterraneo conta 570 mila tonnellate – ovvero più di 30 mila sacchetti di plastica buttati in mare ogni minuto.
Questo ha un impatto non solo sull’ambiente, ma anche sul suo ecosistema e sulla salute dei suoi abitanti. Si stima infatti che l’ingestione di plastiche sia stata accertata in più di mille specie animali, risalendo tutti i gradini della catena alimentare: partendo dagli invertebrati fino ai predatori, incluso l’uomo.
La giornata mira quindi a cambiare il trend dei consumi, ponendo un accento sulla necessità di abbandonare la plastica per soluzioni maggiormente sostenibili e, di conseguenza, più sane per la nostra salute.
Come poter fare? La soluzione più semplice è quella di abbandonare i sacchetti di plastica monouso, prediligendo quelli riutilizzabili di stoffa o compostabili.
Ma questo non basta. Ecco per questo alcuni consigli per iniziare ad adottare buone abitudini:
Riutilizza i sacchetti di plastica: non gettarli, ma usali come contenitori per il riciclo;
Preferisci cibo fresco a quello confezionato in buste di plastica;
Preferisci il vetro: è un materiale più sostenibile rispetto alla plastica e facilmente sterilizzabile;
Durante le tue passeggiate non buttare bottiglie e involucri di plastica dove capita, ma utilizza gli appositi bidoni;
Anche durante il No Plastic Bag Day non dimenticare di utilizzare materiale compostabile, borracce di alluminio al posto delle bottigliette e ricicla tutto il riciclabile;
Partecipa alle iniziative locali di raccolta della plastica in spiaggia, campagna e nelle città.
Ricorda: ogni tua azione può aiutare a salvare l’ambiente.
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